Cos’è il Price Earning ( P/E)? L’esempio della borsa USA

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Soldi e impresa

Le straordinarie performance del mercato azionario americano impongono una riflessione per gli investitori grandi e piccoli, così come per i risparmiatori che intendono mettere a frutto il proprio capitale.

Proprio gli indici americani, S&P e Nasdaq in testa, rappresentano i migliori punti di riferimento per comprendere quali occasioni riservi il presente e per elaborare stime di medio-lungo periodo. 

Anche perché, al di là dei numeri degli ultimi anni, si nascondono evidenze non necessariamente positive, da impiegare per ottimizzare le proprie strategie di investimento.

Qui propongo una breve panoramica dei principali indici americani e un ragionamento sulle prospettive future, a uso e consumo dei grandi ma soprattutto dei piccoli investitori.

Le performance dell’azionario americano

E’ sufficiente dare un’occhiata ai grafici per comprendere quanto il mercato azionario americano sia – almeno apparentemente – in salute. Lo S&P 500, ad oggi (19 giugno 2021) viaggia sui 4.200 punti, registrando un aumento del 13% circa rispetto all’inizio dell’anno e un aumento del 107% a cinque anni. Se si escludono i crolli successivi all’esplosione della pandemia, il trend dello S&P appare più come una cavalcata. 

Discorso simile per il Nasdaq, che attualmente fa segnare 14.000 punti circa, in aumento di circa il 10% sull’inizio dell’anno e addirittura del 200% sui valori di cinque anni fa. 

Idem per il Nyse, che ad oggi viaggia sui 16.000 punti. L’aumento rispetto all’inizio dell’anno è del 9% circa. L’aumento rispetto ai valori di cinque anni fa è invece del 60%. 

Anche gli altri parametri segnalano un mercato azionario in estrema salute, compatibile con un periodo di grande espansione economica, piuttosto che con un momento di transizione, persino di attesa, come quello che stiamo vivendo in questo momento.

Le ragioni del boom

Si potrebbe indagare sui motivi di queste performance, ragionando sia sul presente che sul passato. Ebbene, le ragioni della crescita attuale possono essere rintracciate nelle speranze di ripresa economica, che sono oggi più vive che mai, sostenute dalle previsioni circa un’uscita ravvicinata e tutto sommato agevole dalla pandemia. 

A incidere in maniera determinante anche l’imponente immissione di liquidità che la Fed ha predisposto da un anno a questa parte, nell’ambito delle misure di contrasto al Covid (e alle sue conseguenze economiche). Si parla di un Quantitative Easing di 120 miliardi al mese, tra le altre cose.

Tutto ciò si innesta su dinamiche  meno contingenti, e che giustificano la crescita del mercato azionario americano in generale, in quanto movimento di medio e lungo periodo. Il riferimento è al comparto tecnologico USA, che è strutturalmente in crescita e fa da traino per tutti gli altri.  

Questa peculiarità, che è principalmente americana, spiega in parte la distanza tra le performance dell’azionario americano e le performance dell’azionario europeo. 

Un’ipotesi sul futuro, per chi vuole investire nel mercato azionario americano

All’apparenza, il mercato azionario sembra fungere da albero della cuccagna per gli investitori. Tuttavia, fermarsi al solo dato contingente potrebbe essere rischioso. In primis, perché vi è sempre il rischio che il ciclo finisca, come tra l’altro paventato da molti analisti. In secondo luogo, perché potrebbero innescarsi dinamiche particolari quando alcuni parametri raggiungono parametri elevati.

Per inciso, il P/E è il rapporto tra il prezzo di un’azione e l’utile per azione. Quando il P/E è alto, significa che la società ha espresso gran parte del suo attuale potenziale, e quindi potrebbe risultare sopravvalutata. Un P/E basso significa esattamente il contrario.

Come si evince dal grafico, i rendimenti, limitatamente alle azioni dello S&P, reagiscono in modo particolare al raggiungimento di un P/E di 22, eventualità tutt’altro che teorica in un periodo di crescita come questo.

A dieci anni, il rendimento viaggia tra lo 0 e il -5%, e questo è più o meno prevedibile. A un anno, però, i rendimenti sembrano “impazzire” e si posizionano su un intervallo di -20% e +20%.

Cosa suggerisce questo grafico? Semplice: bisogna stare attenti anche alle situazioni di storno, le quali tradizionalmente avvengono in presenza di un P/E molto alto. L’investitore potrebbe essere presi in contropiede da una volatilità accentuata, ed esporsi a rischi gravi.

Rischi che sono tutt’altro che teorici, almeno nel medio periodo. Anche perché a gettare benzina sul fuoco potrebbero intervenire l’inflazione americana, che minaccia di esplodere e innescare un effetto domino a partire dal rialzo dei rendimento obbligazionari. Stesso discorso per la fine degli stimoli della Fed, ovviamente legati alle prospettive inflazionistiche.

Ciò implica la necessità di aspettare, di attestarsi su una posizione attendista? Non necessariamente. Alcune asset class infatti sembrano svincolarsi piuttosto bene da queste dinamiche. Sto parlando di asset afferenti al private equity e al private debt. 

La questione è interessante ma anche piuttosto complessa. Vi invito pertanto a contattarmi per saperne di più. 

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